Tom sentì la porta dell’ufficio chiudersi. Alzò gli occhi, la vide,
e presero a sudargli le mani.
Si chiamava Jennifer. Aveva forse diciotto anni. I suoi capelli biondi
permanentati sfoggiavano una vistosa ricrescita scura e i suoi occhi mostravano
un po’ troppo bianco intorno all’iride. Ciò le conferiva un aspetto sensuale che
Tom aveva cercato di ignorare per tutto il semestre.
«È vero,» chiese, «quel che ha detto questa mattina in classe? Riguardo ai
Malesi?» Sedette di fronte alla scrivania e si lasciò scivolare finché il collo
fu all’altezza dello schienale.
«I malesi,» disse Tom. «Sì, è vero.» Sembrava che ci fosse solo una parola per
il cibo in malese, e che potesse significare qualsiasi cosa, da ‘questo è il mio
pranzo’ a ‘mangiami’. Era il tipo di battuta pensato per ottenere attenzione
durante una lezione per matricole la mattina presto, non qualcosa di cui Tom
volesse discutere successivamente.
«Non capisco,» disse Jennifer. «Voglio dire, come fanno a capirsi?»
Tom era sottosopra. Jennifer si era messa comoda, e lui poteva vedere le sue
lunghe cosce scomparire nelle ombre dei calzoncini. È un caso o sta cercando
di sedurmi? Pensò Tom. Sembrava un caso. Come un incidente stradale al
rallentatore.
«Bene,» disse Tom. «Forse vorresti fare qualche ricerca su questo tema. Prendilo
in considerazione per la tua tesi.»
«Potrei aver bisogno di molta assistenza.»
Sembrò sfiorare il labbro superiore con la punta della lingua. Gli alberi
intorno all’edificio stavano fiorendo rigogliosi, e la stanza era troppo buia
perché Tom potesse essere certo di qualcosa. «Un punto di partenza,» disse Tom,
«può essere l’osservazione del modo in cui il linguaggio può anche ampliare i
concetti.» In quell’atmosfera, le sue parole avevano iniziato ad assumere doppi
significati. «Come gli eschimesi. Gli Inuit hanno sei parole diverse per
‘tricheco’, a seconda dell’età, della forza, del sesso…; uh, tutte quelle cose.
Un ipiksaulik è un tricheco di due anni, maschio o… femmina. Un
timartik è un maschio adulto. E così via. Ad esempio, non hanno una
parola che significhi semplicemente ‘neve’. Ci sono parole diverse per ogni tipo
di neve.»
«È davvero sorprendente,» disse Jennifer. «Come fa a sapere tutte queste cose?»
Incrociò le gambe, spalancando gli occhi, e la luce del sole li attraversò
sprigionando riflessi verdi.
«È inutile, per lo più,» disse Tom.
«Lo trovo affascinante,» disse Jennifer.
«Vuoi un argomento di ricerca?» le chiese improvvisamente preso da un impulso
selvaggio, un desiderio sessuale fuori controllo. Lo riconosceva, l’aveva sotto
agli occhi ogni giorno, durante le lezioni. Era quel che faceva indossare abiti
orribili a ragazzi disperati, e distruggere mobili alle feste delle
confraternite, e gridare insulti dalle finestre degli autobus.
«Pensa,» disse, «a come un linguaggio più specifico potrebbe cambiare un’intera
società. Supponiamo, ad esempio, che l’inglese non avesse la frase ‘Ti amo’.
Molte lingue non ce l’hanno. Lo spagnolo, per esempio. Supponiamo che avesse
cinquanta frasi diverse, molto specifiche, al suo posto. ‘Mi piace farmi vedere
con te dai miei amici’, o ‘Vorrei solo spassarmela con te e non cercarti più per
tre settimane,’ o ‘Ho bisogno qualcuno al mio fianco per quando, settantenne,
sarò rugoso e brutto, e forse tu starai con me fino ad allora,’ o ‘sembra che tu
voglia qualche rassicurazione vuota, quindi eccola.’»
Jennifer si girò di lato sulla sedia e appoggiò la testa sulla mano sinistra.
Tom poteva ora vedere la banda bianca del suo reggiseno sotto al braccio destro,
e solo un accenno di pizzo sulla coppa. Il suo cuore batteva così forte che si
chiedeva se anche Jennifer potesse sentirlo.
«E che dire,» disse lui, «di ‘Voglio finire a letto con te, così mi darai un’A
al termine del tuo corso.’»
Lei non si scompose. Tom aveva pensato, forse anche sperato, che quella frase
l’avrebbe indotta ad uscire dall’ufficio per rabbia o per imbarazzo. Invece,
Jennifer rimase lì, con un sorriso che lui ora sapeva che avrebbe dovuto
guardare per il resto del semestre. Il linguaggio l’aveva nuovamente deluso.
«Credo che per oggi sia tutto, Jennifer.»
«Va bene, Dottor Marsh,» disse lei, alzandosi lentamente. «Ci vediamo a
lezione.»
Linda era andata a letto. Entrambi i bambini erano stati messi a dormire ore
prima. Tom gironzolava al piano di sotto nella tenue luminosità che filtrava
dalla cucina. Su una parete c’erano i vasi e le reti da pesca che aveva portato
con sè dal villaggio messicano dove aveva fatto la sua tesi di dottorato. Ci
aveva passato un’estate quindici anni fa, registrando ciò che poteva di un
dialetto maya dall’ultimo nativo ancora in grado di parlarlo.
Quando sbarcò Cortez, nel Nuovo Mondo si parlavano oltre mille lingue diverse.
Ne rimanevano meno di quattrocento, e il numero diminuiva ogni anno. Quello che
l’inglese non aveva distrutto, l’aveva corrotto; le parole ‘OK’, ‘auto’ e
‘jeans’ erano diventate parte del vocabolario praticamente di ogni lingua del
pianeta.
Tom prese una clava da pesca maya, le sue dita leggevano le informazioni nel
legno duro e liscio dell’impugnatura. Quella, pensò, era stata
un’avventura. Scoparsi una studentessa di diciotto anni non era
un’avventura. Era follia.
Certo che lo era. Allora perché si sentiva ribollire dentro?
Linda giaceva a pancia in giù, non del tutto addormentata. Tom si spogliò e
si mise a letto accanto a lei. «Mi fai un massaggio alla schiena?» chiese
insonnolita.
«Certo,» disse Tom. Allungò la mano destra e lavorò distrattamente sui muscoli
del suo collo. Il tocco e l’odore della sua pelle lo eccitavano ancora. O forse
era solo un residuo del desiderio che provava per Jennifer. Non che importasse.
Sapeva di poter fare l’amore con lei, ma sapeva anche che lei non era in vena.
Avrebbe significato darsi da fare mentre lei giaceva tranquilla con gli occhi
chiusi, ed era lui a non essere in vena per quello.
A cena, Linda aveva imitato una vecchia signora del suo ufficio, aveva fatto
ridere tanto Tom quanto i bambini. Dopo, Tom avrebbe scoperto che Linda aveva
dimenticato di imburrare la teglia delle lasagne e avrebbe impiegato venti
minuti per scrostarne la salsa carbonizzata.
«Mmmmm,» disse lei. Un minuto dopo, o giù di lì, girò la testa verso di lui e
disse, «Ti amo.»
Tom smise di massaggiare. Lei dormiva. «Sì, lo so,» disse al buio. «Ma cosa
intendi?»
Lewis Shiner (1990)